Intervista a Antonella Gallino di Considero Valore
In ogni mia presentazione cerco di mettere in luce il benessere interiore che le persone ottengono in seguito ad una miriade di motivazioni, tra i quali la consapevolezza di chi siamo e dove vogliamo andare. Lo so è una fase complicatissima, capire cosa ci fa stare bene, non è sempre facile. Oggi vi parlo di Antonella di Considero Valore che grazie al contatto con chi lavora la terra ogni giorno ha avuto la brillante idea di connettere gli “acquirenti” alle piccole attività agricole. Qui parliamo di quelle attività agricole che non si trovano facilmente in rete, si parla di quelle realtà che vendono prodotti che si differenziano tantissimo da quelli che troviamo sugli scaffali. Qui si parla di quella bellezza che fa rima con cura, sensibilità ed ascolto. Oggi più che emozionarvi, vi invito a prendere coscienza di cosa vale davvero attorno a noi.
Ciao Antonella, ci parli un po’ di te?
Mi chiamo Antonella Gallino, sono freelance e mi occupo di comunicazione per piccole attività agricole, artigianali e professionali. In particolare scrivo per loro, sul web e dove serve, aiutandole a comunicare e promuoversi.
Ho anche un progetto dedicato al cibo sano e alla promozione dei piccoli produttori agricoli che lavorano con metodo biologico, certificato o non: ConsideroValore.it.

Considero valore: ci parli della sua anima?
ConsideroValore è un progetto che vuole connettere le persone ai piccoli produttori agricoli biologici e sani che li circondano, affinché possano poi contattarli per fare la spesa da loro, guadagnando così in freschezza, salute e potere d’acquisto.
Il sito è costituito da:
- una mappa di piccole aziende agricole che promuovo
- un blog dove divulgo e sensibilizzo a proposito di cibo sano a filiera corta
Come è nata l’idea?
L’idea è nata man mano che mi accorgevo della quantità di piccole aziende agricole che ci circondano e di cui non siamo a conoscenza. Molte di loro compiono un lavoro meritorio, da tanti punti di vista – tutela della biodiversità, custodia e manutenzione ambientale, obiezione ai veleni –, ma non è facile far sapere che esistano. Mancano ponti ed occasioni di connessione.

Da parte mia, ho pensato che un lavoro di comunicazione e digitalizzazione ben fatto potesse senz’altro aiutare. È un sommerso buono che merita di emergere.
Questi produttori hanno scelto di vendere direttamente al pubblico, dunque devono farsi conoscere e cercano clienti. Essi non sono candidabili per la grande distribuzione, né spesso vogliono farlo (è un sistema che non li favorisce, in cui la loro collocazione è molto impropria);
contemporaneamente non sempre hanno il tempo, gli strumenti o le possibilità di promuoversi, soprattutto sul web.
Dunque non è così facile scovarli e sapere dove sono.
Ed ecco a cosa serve il mio sito 🙂
Nello stesso tempo tanti di noi acquirenti (non amo il termine ‘consumatori’) si sono accorti che la spesa a scaffale è sì molto competitiva, senz’altro comoda, ma ha anche tanti limiti in termini di fragranza, localizzazione geografica, stagionalità e artigianalità sincera. Quella che troviamo nei supermercati è un’offerta iperdiversificata, quasi spaesante, ma comunque standard, globalizzata: ovunque vai, trovi le stesse cose. Inoltre, nelle filiere lunghe si sostiene un sistema commerciale e logistico efficientissimo, ma la negoziazione è ben poco premiante per chi produce; è tutto molto intermediato, confezionato, negoziato in piazze distanti. Dunque, a lungo andare, il sistema stringe e gli anelli deboli della catena restano strozzati. Non è un’economia che ci conviene e che costruisce una società plausibile.
Viceversa io vedo nel puzzle di microrealtà territoriali un enorme patrimonio e valore. Alla mia spesa do quasi un valore politico: è come se delegassi a chi produce una rappresentanza importantissima. I piccoli produttori che lavorano con cura sono i ministri dell’ambiente che scelgo. Amo promuoverli e raccontarli. Trasparenza e narrazione del prodotto sono oggi strumenti di marketing ineludibili: è bene applicarli a chi se li merita.

Questo tuo modo di pensare, cosa ti ha regalato?
La mia vita è certamente cambiata, se in meglio o in peggio non mi azzardo a dirlo perché credo conti soprattutto il cammino interiore. Sicuramente mi sento allineata con me stessa. Sto andando nella direzione che mi nutre, di cui ho bisogno e in cui credo di poter dare qualcosa.
Sono curiosissima di tutto, perché la mia è una cultura cittadina, anzi metropolitana (ho lasciato Milano 10 anni fa), dunque non so nulla di vita contadina, anzi sono proprio ‘ignorante di natura’: per me è tutto nuovo e da imparare.
Ho iniziato questa ricerca grosso modo nel 2010, quando mi sono trasferita sui colli piacentini e ho iniziato a relazionarmi un po’ con la campagna e il tessuto produttivo circostante.
Ma oltre all’habitat che mi circonda e che ho modo di osservare, sono cambiate anche le competenze delle persone che frequento e la loro visione del mondo. Frequento moltissimi piccoli produttori e trasformatori agricoli e artigiani. Appena posso, viaggio per l’Italia con questo filtro, con gli occhi di chi lavora la terra o tramanda un saper fare minuto – attività preziose a rischio di estinzione. L’Italia vista così è un Paese bellissimo, che folgorerebbe chiunque. Ma c’è anche tanta bellezza deturpata o trascurata.
La mia vita ha fatto un salto di qualità enorme, come ossigeno e come consapevolezza – almeno così sembra a me.
Sono anche meno indotta ai consumi. Non voglio più comprare beni, ma servizi. E il cibo prodotto in modo sano è un servizio.

Cosa ti piacerebbe fare ancora?
Mi affiancano emozioni miste. Il desiderio di mettere a disposizione le mie competenze per una causa in cui credo e per il mondo che voglio costruire. La speranza di poter offrire un servizio immateriale, di connessione, che risulti utile e percepibile non solo alle persone che cercano prodotti sani direttamente da chi li produce (sempre di più, soprattutto su internet), ma anche alle stesse aziende, che si rendano conto che la comunicazione è un fattore chiave e siano disposte a investirci.
A volte mi sento anche molto impotente e frustrata. Abbiamo creato un mondo che produce rifiuti che non riusciamo a smaltire e che stanno per soffocarci. Residuo insolubile e non calcolato del nostro benessere. Soffro molto anche la globalizzazione spinta, la sregionalizzazione.
Poi penso che ognuno, nel proprio piccolo, è chiamato a fare la sua parte, allora mi rimbocco le maniche e faccio il mio. Soprattutto faccio quello che so fare meglio, cercando di contribuire in modo qualitativo e non numerico.
Infine chiedo anche a te cos’è la #bellezza?
La bellezza per me è cura, sensibilità, ascolto. Una forma di percezione che si affina nel tempo.
La bellezza è di poche parole, dette nel modo e al momento giusto.
E poi, è valorizzazione.