Quante volte ti è capitato di incontrare qualcuno e di ritrovarti innervosito per i suoi modi o per le sue parole?
Quante volte ti sei infastidito e ti sei ritrovato a esprimere un giudizio verso un’altra persona per cose che, magari, hai notato solo tu?
Forse ti è capitato…
E in quei casi ti sei mai chiesto perché, proprio e solo a te davano fastidio certi atteggiamenti e parole che, allo stesso tempo, lasciavano indifferenti le persone che erano al tuo fianco?
Può succedere, di ritrovarsi in queste situazioni ed è interessante andare un po’ più in profondità per capire perché accade questo, e perché accade proprio a noi.
Proviamo a fare una riflessione assieme.
Ti sei mai chiesto cos’è che, ognuno di noi, ambisce ad essere o avere?
Se ci pensi bene è la felicità e questa spesso e volentieri la associamo alla perfezione.
Ognuno di noi, aspira a una perfezione, a volte anche solo immaginata, che venga riconosciuta dal prossimo sia nell’Essere che nell’Avere.
Essere perfetti spesso viene associato ad essere accettati e importanti.
In realtà la natura dell’essere umano nulla ha a che fare con la perfezione in quanto è proprio nella imperfezione che ha modo di scoprirsi, conoscersi, migliorarsi…ed è questo è il bello della Vita.
In realtà le imperfezioni, vengono spesso viste come difetti, anziché come un mezzo per osservarsi e migliorarsi, e questo fa sì che per paura le neghiamo, le nascondiamo anche e prima di tutto a noi stessi.
Spesso e volentieri, si crea così una spaccatura tra l’immagine che si ha, o si vorrebbe dare di Sé, e la realtà.
Spaccatura che ci porta a mantenere un atteggiamento di apparente sicurezza in ogni istante, perfino nei nostri dialoghi interiori.
E poi un giorno accade di incontrare quella persona che, con le sue parole o i suoi atteggiamenti, ci mostra proprio quella parte di noi che non è ancora “diventata perfetta”, quella parte che stiamo rifiutando, che non ci piace e ci dà così tanto fastidio da arrivare a rinnegarla.
Di fatto queste persone, senza che lo sappiano, acquisiscono lo straordinario potere di scatenare in noi reazioni fisiche ed emotive eccezionali e che ci portano ad elargire un lungo elenco di critiche e giudizi su cosa, quella persona stessa, fa o è di “sbagliato”.
E se andassimo oltre la nostra reazione?
Se ci fermassimo a chiederci cosa veramente ci ricorda quella persona?
Se osservassimo quale aspetto di lei ci dà così tanto fastidio e ci ponessimo delle buone domande in merito cosa potremmo veramente scoprire e comprendere di noi?
Potrebbe emergere un mondo…il nostro mondo!
Potremmo ad esempio scoprire, che siamo permalosi non perché “siamo fatti così” o perché l’altro ci ha giudicati ma perché, forse, in fin dei conti non crediamo ancora davvero in noi stessi/e e, le parole ricevute, hanno colpito proprio lì, dove era già presente una ferita o un conflitto.
Vista con questa ottica, se ci pensiamo, l’emozione di rifiuto e fastidio verso l’esterno, cambia connotazione in quanto ci porta ad avere una maggiore consapevolezza, donandoci un punto di vista su cui poter lavorare.
E il lavoro non sarà tanto quello di comprendere l’altro, ma semmai quello di cogliere l’opportunità per lavorare sulla nostra insicurezza, sulla nostra ferita.
Certo, per poter fare questo, è richiesta una buona dose di voglia di mettersi in discussione e di lavorare su di sé, ed il primo passo da compiere è riconoscere che ci stiamo giudicando.
La cosa bella è che una volta che abbiamo sanato o trasformato la nostra ferita o conflitto, non noteremo più quegli atteggiamenti che, un tempo, ci ferivano o ci infastidivano, anzi sarà più probabile che incontreremo persone che riflettano e confermino la nostra acquisita sicurezza.
Per questo è bene non fermarsi mai alla reazione che nasce in noi di fronte a incontri con persone che giudichiamo ma è necessario, ed anche più salutare e costruttivo, andare oltre per osservare nel profondo dentro di noi cosa c’è da riconoscere, da accogliere e, se necessario, da trasformare.
Questo ci porta via via a lasciar andare la critica e l’autocritica che veste l’energia della paura, permettendoci di aprirci all’Amore grazie proprio all’accoglienza di quelle parti di noi non perfette ma sicuramente perfettibili.