Come sarebbe bello il modo, se riuscissimo sempre ad accantonare le cose non belle della nostra vita, pur mantenendo vivo il loro ricordo dentro di noi?
E’ da qui che voglio partire per raccontarvi una nuova storia.
Ho aperto questo blog soprattutto con l’intenzione di far capire (a chi ne abbia voglia), come io sia riuscita a circondarmi solo delle cose che mi rendevano felice, di quanto per me sia importante condividere le cose belle che scopro per premiare chi ne è ideatore o ideatrice ed infine di come ho imparato a schiaffeggiare il destino quando mi metteva il bastone tra le ruote.
In realtà di motivi per i quali è nato questo blog ce ne sono tantissimi, ma vi ho riportato solo tre esempi utili per presentarvi una grande persona, Patrizia Fiori.
Ho scoperto prima la sua grande creazione “ceraunavoltalafragilità” e poi lei. Cercherò di presentarvela nei migliori dei modi prima di lasciarvi alle sue meravigliose parole.
Un paio di settimane fa ho lanciato la rubrica #tiraccontolabellezza grazie all’aiuto di Silvia de “il vivaio dei sogni” con lo scopo di chiedere a chiunque passi dai nostri profili “Cosa è per te la #bellezza?” perché la bellezza ha diversi colori, diversi profumi, diverse lingue ed infine diversi significati da non sottovalutarne nessuno. Proprio da queste differenze, da questi modi di pensarla in maniera diversa possono nascere tanti spunti di riflessione. Cosi come è accaduto con Patrizia di cui vi parlerò oggi. Con lei ho scoperto una cosa fantastica della vita di ognuno di noi. Un modo per stare bene è parlare di ciò che ci rendeva fragili nel passato, ed io invece, proprio da quando ho aperto questo blog, ho sempre fatto il contrario: parlare solo e soltanto delle cose belle che mi sono accadute. Provate un po’ a riflettere: da cosa dipende il nostro essere oggi? Una volta che avete risposto a questa domanda potete leggere le parole magiche di Patrizia. IO ne sono rimasta fulminata.
BUONA LETTURA
Chi sei e cosa fai?
Sono Patrizia, sono nata e cresciuta in Sardegna (a Olbia), nella vita sono una laureata in legge e specializzata in professioni legali, con un gigantesco sogno nel cassetto: diventare un giudice.
Come è nata l’idea di #ceraunavoltalafragilità?
L’idea della pagina “C’ERA UNA VOLTA LA FRAGILITÀ” nasce da una serie di critiche e diffidenza che ho sempre nutrito verso il mondo dei social.
Non ne ho mai fatto un largo uso e per essere sincera sono approdata sul mio primo social (Instagram, per l’appunto) solo nel 2015.
Mi piaceva l’idea di poter scambiare foto e pensieri con amici e parenti (vicini e lontani), di creare uno spazio in cui talvolta abbandonarmi con sincerità ai pensieri, positivi o negativi, a seconda della giornata.
Ben presto però, iniziai ad osservare come, persino persone da me conosciute molto bene, si dipingessero sempre perennemente felici. Come se quest’ostentazione di felicità e soddisfazione li rendesse invincibili, solo perché graditi.
Un giorno, quindi, mentre chiacchieravo con la mia migliore amica di questi “punti negativi” di una vita social, arrivai alla conclusione che troppe persone si ammalano e deprimono ogni giorno per dei numeri (spesso finti).
Riflettevamo su quanto invece fossero poco apprezzati i post di vita vera, quelli delle emozioni, delle difficoltá, della gioia di una nuova nascita, di un sorriso innocente, di una persona che ce l’ha fatta e di una che ha perso, tutto o se stessa. Ma insomma i post della vita di tutti i giorni.
Forse troppo scontata per il meccanismo dei famigerati “likes”.
E così decisi di creare un nome, poi la pagina e, infine, di far partire un progetto che, con grande sorpresa, ha unito e incuriosito tante persone (che ringrazio) e ne sono felice.
Qual è il messaggio conduttore in ogni repost?
Questa è una domanda a cui trovo difficile rispondere. La pagina la gestisco da sola e, di conseguenza, il filo conduttore posso lasciarlo spiegare alle emozioni.
Quelle che mi trasmettono i post che scorro nella galleria, sotto gli hashtag o i tag in generale.
Mi lascio emozionare: leggo con attenzione lo stato d’animo di tanti e spesso scopro che le incertezze o le fragilità descritte con fatica da molti trovano risposte in post di altri. Ecco che talvolta abbino i post per trasmettere speranza e leggerezza.
Come gentilmente mi ha scritto qualcuno “è una pagina da cui ci si sente accolti” ed è questo che un social dovrebbe fare.
Accogliere e non dividere o creare odio, stress o malumori nelle vite altrui.
Come ci si sente dopo aver raccontato qualcosa di triste della propria vita?
Anche in questo caso le emozioni sono contrastanti.
È raro che io esterni il mio malumore, perché non amo mettere in imbarazzo le persone che mi vivono nella loro giornata.
Adoro scrivere e
Ciò che provo è spesso liberatorio, nel bene e nel male.
Se scrivo di cose buffe il problema “del raccontarsi” non sorge mai, quando invece mi ritrovo a scrivere di cose che fanno male…beh è dura.
Ma lo faccio perché può e deve aiutare,
in primis me e poi chi si trovi in una situazione simile.
Amo l’idea di essere dei portatori di speranza: è questa il motore di una vita che insegue la positività per uscirne indenne (o meno distrutta) dai tanti dolori che ci sono destinati.
Cosa è per te la #bellezza?
La bellezza è veramente un concetto strano per me.
Di solito vado un po’ controcorrente e mi ritrovo ad apprezzare le cose più snobbate e sottovalutate dalla maggioranza delle persone.
Se chiudo gli occhi e penso ad una risposta di cuore, potrei risponderti che la bellezza per me ha significati molteplici, alcuni profondi ed altri frivoli.
La bellezza è tutto ciò che mi affascina come ad esempio la semplicità, l’onestà, l’umiltà di chi si prende poco sul serio ma che sa il fatto suo, i limiti umani, il mare, un gelato o un buon dolce, una chiacchierata liberatoria con amici, un paio di occhi chiari (verdi, come quelli del mio papà e dei miei nonni), una persona in pace con se stessa che trasmette calore e pace.
Bellezza può essere un luogo, una persona o una cosa in cui siamo stati, con cui abbiamo avuto a che fare e che ci ha fatto e fa star bene.
E concludo il mio poema, dicendo che credo che la bellezza quella vera, si debba trasmettere e debba essere (nei limiti del possibile) contagiosa, un poco’ come la speranza!