A Samperone (PV), bambini ed adulti hanno una “biblioteca in valigia”

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È magnifico come ci siano persone che riescano a non perdere mai (e dico mai) la voglia di inseguire i propri sogni, anche se questo non può trasformarsi in realtà nell’immediato. Molte volte l’attesa, il tempo migliora le cose. Quel sogno spesso ha bisogno di essere migliorato, di avere una struttura stabile prima di vedere la luce. A volte aspetta il momento ideale perché altrimenti prima non avrebbe lo stesso successo. A me capita spesso di avere un’idea, di scriverla su un quaderno, di lasciarci delle pagine bianche che so per certo di riempire anche dopo anni; questo perché bisogna osservarsi intorno e mai perdere le speranze perché prima poi tutto torna, prima o poi tutto quello che si fa, diventa utile soprattutto per sé stessi. Ed è proprio quello che ha fatto Rosi. Rosi ha sempre amato il teatro e la lettura. Ma dopo anni ed anni , dopo il suo trasferimento dal sud al nord, la sua passione ha trovato la sua casa che oggi si chiama “Biblioteca in valigia”

Ho conosciuto Rosi nel mio grandissimo gruppo facebook di fiducia LeROSA, nel quale ogni giorno qualcuno riesce a dare qualcosa e a ricevere di più; è un gruppo in cui ogni giorno io riesco a scoprire la #bellezza che è dentro di noi. Rosi è riuscita quindi a tirar fuori la sua grande passione per il teatro e per la la lettura in un mondo nuovo. Ma vi lascio in sua compagnia per scoprire tutta la meraviglia che c’è!

Ciao Rosi, chi sei e cosa fai?

Sono una donna di 43 anni, e come tale rivesto diversi ruoli che spesso si pestano i piedi tra loro: moglie, madre, lavoratrice. Mi sono laureata in informatica all’Università di Salerno e ho vissuto in una cittadina della provincia di Salerno. La laurea in informatica presa “qualche tempo fa” mi ha concesso di trovare lavoro entro tre mesi a Milano e da allora vivo e lavoro tra la provincia di Pavia e la metropoli per una multinazionale della consulenza. In provincia di Salerno avevo fatto teatro amatoriale per un paio di anni, e una volta a Milano, dopo il lavoro, in corsi “serali”, frequentai corsi teatrali per altri 3 anni, con l’intenzione di darmi alla drammaturgia e lasciare un qualche segnale importante nell’universo. Va da sé che questa sia un’ambizione diffusa ed economicamente dispendiosa, e che, pur essendo riuscita ad allestire un mio spettacolo, abbia poi rinunciato al teatro (pensare di affittare sale da 300 posti per accogliere 12 partecipanti era un rischio di impresa eccessivo per me…), ma fatalmente, prima di appendere il copione al chiodo, in quel contesto, ho incontrato quello che è diventato mio marito, teatrante e informatico anche lui. Abbiamo avuto due figlie, viviamo in provincia di Pavia. Mi manca molto la dimensione cittadina/metropolitana. Mi guardo intorno nello spazio e indietro nel tempo e penso di aver conosciuto abbastanza la provincia italiana sia al sud che a nord per capire che gli italiani di provincia siano tanti, con bellissime idee e grandi intenzioni, ma che vivano in contesti spesso dimenticati, se non degradati e lasciati a sé stessi, per cui tutti, a partire dai giovanissimi, difficilmente riescono a sognare qualcosa di diverso dal fuggire da lì, esattamente come ho fatto io “qualche anno fa”… Oggi faccio letture ad alta voce, anche nella formula “lettura al buio” con il mio gruppo Imago Sonora (composto da me, un chitarrista e una bassista) con il quale proponiamo letture musicate di testi d’autore. Io presto la mia competenza di voce e dizione, i miei amici quella musicale. Il risultato, a volte, diventa magia. Scrivo da sempre e a gennaio 2019 è stato pubblicato il mio “primo” romanzo “Il sangue buttato”. In realtà i miei cassetti sono stracolmi di racconti, romanzi e lavori teatrali. Alcuni di questi sono fruibili sul mio blog “Lo Specchio Ingannevole” nato a settembre 2018 .

Oggi però siamo qui per parlare di un altro progetto “La biblioteca in valigia”, un modo NUOVO di valorizzare i LIBRI

Il mio progetto la Biblioteca in valigia consiste nel portare libri della Biblioteca Comunale di Certosa di Pavia, comune in cui vivo, nella frazione in cui abito, Samperone, per consentire ai bambini e agli adulti di poter fare prestiti in maniera più agevole, senza doversi recare in Biblioteca con l’auto. L’idea è piaciuta ed è stata fatta propria da Veronica Casanova e Benedetta Agosti, che vivono in una frazione vicina, Torriano. E seppure abbiano appena iniziato i loro primi incontri, hanno avuto riscontro immediato. Con l’interessamento del Comune, siamo riuscite ad ottenere la disponibilità di uno spazio al chiuso dalla parrocchia per Samperone, e dall’associazione “Amici di Torriano”, per Torriano. Così siamo riuscite anche ad organizzare merende e giochi per bambini, nell’ambito della stessa iniziativa. Per il futuro e con l’arrivo dell’estate, stiamo studiando di organizzare anche giochi all’aperto e spero che presto o tardi gli adulti possano essere coinvolti in attività sociali di recupero del territorio

Ma com’ è nata questa idea alternativa, unica, diversa?

L’idea è nata sia dalla mia meraviglia di quel bellissimo progetto del Bibliomotocarro che gira per la Lucania a portare libri ai bambini, sia dalla semplice osservazione della vita dei bambini della frazione in cui vivo. Se le famiglie non hanno possibilità, denaro per portare i bambini a fare qualsiasi attività, sportiva o culturale, i bambini giocano in piazza con un pallone e poco altro. Da grandi si prospetta avranno un cellulare.  Le mie figlie, invece, fanno continuamente prestiti in Biblioteca, perché la frequentano con me che riesco ad accompagnarle anche per mie attività o per corsi di musica, e trovano naturale muoversi in quegli spazi come a casa propria. 


E poi… a dire il vero ha iniziato mia figlia di 9 anni a portare in piazza i suoi libri per farli vedere agli altri e, dalla curiosità di quei bambini, dal poco che li circonda nella frazione in cui abitano – la quale in certi momenti non è stata nemmeno tanto ben frequentata – ho pensato che io potessi passare in Biblioteca, parlare con i referenti e con gli assessori competenti, riempire una valigia con una quarantina di libri e portarli ogni tanto a quei bambini, così che potessero incuriosirsi, pensare di poter fare altro. L’idea è piaciuta e ho avuto subito il supporto di Comune e Biblioteca, oltre ad ottenere un logo per la Biblioteca in Valigia realizzato da Alessandra Liberali, una disegnatrice che stimo tantissimo.
Per l’estate mi era sufficiente presentarmi in piazza con la valigia, anche con l’aiuto di altre donne del paese (Francesca Dioli e Alice Franceschetti, per me sono riferimenti imprescindibili) che mi consentono ancora oggi di conciliare lavoro, famiglia e biblioteca in maniera più semplice. Per l’inverno sono poi andata in cerca di un posto che potesse ospitarci una volta al mese, e, con la collaborazione del referente della Biblioteca Andrea Montagner, dell’assessore agli Affari Sociali Monia Merli e dell’assessore alla Cultura Alice Ardizzi, ho trovato supporto dalla parrocchia della frazione che ci ha concesso la sala parrocchiale. 
L’iniziativa è stata accolta subito positivamente dalle madri del posto che da tempo cercavano un riferimento per i propri figli, un centro di svago e condivisione diverso dal solito e vicino casa. 
Considerata la desolazione che spesso c’è da queste parti, posso dire anche che a rendere vivo un posto servono le persone, e fin tanto che le persone con buone idee se ne stanno chiuse in casa, potranno solo arrivare persone con cattive idee a prendersi tutto lo spazio libero. Di persone di questo tipo ne abbiamo purtroppo viste transitare a bizzeffe e quindi mi sono detta che fosse il momento di convincere le persone con buone idee a uscire, di farlo io stessa. Se non è pensabile né auspicabile un presidio militare nelle periferie, penso sia fondamentale che ci sia, in ogni luogo, anche il più remoto, un presidio culturale. Poco importa se in una piccola frazione di 500 abitanti oggi ci siano poche persone a partecipare alla Biblioteca in Valigia. L’importante è essere presenti, una volta al mese, come un riferimento certo. Altre persone poi arriveranno. E vorranno dare una mano, come già sta accadendo ora, come è capitato a donne che, pur vivendo a 50 metri di distanza l’una dall’altra senza incrociarsi mai, si sono finalmente conosciute per condividere una passione o fare due chiacchiere.

Come è cambiata la tua vita da allora?

La meraviglia di questo progetto è che la mia vita non è cambiata! Nel senso che non mi richiede particolari sacrifici fare una cosa simile una volta al mese, anche perché so già di poter contare su una piccola rete di donne che sa come portare avanti il progetto nel momento in cui io ne sia impossibilitata. Porto dentro di me la serenità di stare facendo qualcosa di buono non per me stessa, che di esperienze simili e più “importanti” dal punto di vista sia emotivo che culturale ne ho fatte già in ambiti diversi, ma per altri. Mi piace pensare che da un mio piccolo impegno altre persone possano progettare qualcosa di diverso per se stesse, fosse anche soltanto per avere la possibilità di condividere un’idea, di avere un pretesto per socializzare. E questo può far diventare più vivo un territorio isolato, di quelli che si dicono facilmente “dormitori”.  E i bambini, si sa, sono avidi, sapranno prendere per se stessi il buono di questo tipo di esperienza e con la costanza, con la nostra presenza, li aiuteremo a pensare che nonostante il grigio intorno, possa esserci un mondo di pagine piene di colori da poter usare come spunto per la propria vita futura, e che quelle pagine potranno un giorno essere anche scritte dalle proprie mani. In fondo penso di stare lavorando solo per dare una piccola “possibilità” a un certo numero di persone. Ogni persona interpreterà questa “possibilità” con la propria sensibilità, decidendo liberamente se farne qualcosa di più o meno rilevante nella propria vita quotidiana.

E non dimentico le donne. Sono loro che si ritrovano spesso in casa, da sole, in contesti isolati. Una iniziativa simile può metterle in contatto, far nascere collaborazioni, idee, o anche essere solo un confronto e un conforto a cadenza mensile.

Ed infine chiedo anche a te, cos’è la #bellezza

Declinare la bellezza è complesso. Io, da scrittrice, lettrice di autori importanti, da ex teatrante da poco, credo che ci sia un solo sinonimo possibile: poesia. Oggi il mondo ha sdoganato un linguaggio che un tempo era vernacolare, oggi è volgare e spesso violento. Intorno, in tanti pensano che questo tipo di linguaggio sia più autentico perché più comprensibile a tutti, anche a chi non abbia potuto avere la possibilità di studiare per comprendere i messaggi dei “furbi” con la laurea. Ma invece non credo che questo sia vero. Si racconta che i contadini toscani conoscessero Dante a memoria. Erano analfabeti, ma sapevano distinguere le belle parole da quelle che non lo erano, e magari non capivano alla lettera ogni parola del poema, ma, per scegliere di tramandare oralmente quei versi, è indubbio che li considerassero belli, colmi di una potenza che potesse arricchire se stessi e i propri figli, e pieni delle parole “giuste” che loro avevano l’umiltà saggia di considerare importanti. Sogno un mondo in cui – soprattutto tra i ragazzi che ne hanno certamente le competenze – vengano abbandonati i facili “vaffa” e altri stereotipi linguistici simili, per scegliere consapevolmente di urlare anche un dissenso con parole diverse, non violente, non volgari e senza dubbio più efficaci di qualsiasi moda linguistica.

Sito internet: Lo spazio ingannevole

Pagina facebook: Lo spazio ingannevole

Pagina del progetto: La biblioteca in valigia